La strabiliante inutilità del maschio in gravidanza

Eccoti lì, sdraiato sul letto, faccia ebete, sguardo al soffitto, soddisfatto della tua prestazione amorosa, ancora inconsapevole di aver appena dato il via alla tua paternità ma che, soprattutto, il tuo compito è già definitivamente ed inesorabilmente finito.

Le prime avvisaglie le hai davanti agli amici, quando insieme alla tua lei annunciate orgogliosi il lieto evento: baci ed abbracci per la futura mamma, poi magari una stretta di mano anche a te.

Anche il ginecologo ci mette del suo: “Signora, qual’è il suo gruppo sanguigno? E quello di suo marito?” E tu sei lì, a 30 cm da loro e ti senti grande come un puffo, sperduto su una sedia gigantesca con la manina alzata e la voce flebile: “Ehi, sono qui!”. Non ti rimane che fare una cosa: ascoltare il battito del cuore di tuo figlio durante la prima ecografia e lasciarti travolgere da un imbarazzante ed incessante riso isterico misto a lacrime: il professionale ginecologo si accorgerà finalmente di te, garantisco io.

Non è però consigliabile proseguire nei successivi nove mesi con ripetuti attacchi schizofrenici per attirare l’attenzione, rassegnati al tuo ruolo secondario quando la pancia comincerà a lievitare e come una splendida palla soleggiata all’orizzonte allungherà le ombre su di te ma moltiplicherà le attenzioni e gli sguardi verso la mammina.

Attendi, ragiona perchè ti accorgerai presto che il tuo effimero momento di gloria è lì dietro l’angolo, proprio quell’angolo del corridoio accanto al quale è seduta tua moglie, davanti alla sala parto.

Attento, arriva, lei ti guarda e con occhi stupiti ti comunica che le si son rotte le acque e tu la blocchi con una mano, ti ergi in tutto il tuo metro e 75, petto in fuori, sole negli occhi, vento nei capelli, fermi il primo medico che ti passa a tiro e dici la fatidica frase: “Mia moglie ha rotto le acque!”.

Immobile come una statua la frenesia dell’infermiera in soccorso alla tua donna ti sfiorerà alla velocità di un F35 nell’indifferenza più assoluta rotta solo da un: “La chiamiamo dentro dopo” e sei solo. Fino a quando non ti invitano  a raggiungere la tua dolce metà che ti accoglie dicendoti: “Non spaventarti”. E tu, coraggioso: “Spaventarmi? Perchè dovrei spav… oddio! E’ sangue quello?!”. Poi ti piazzano alla sue spalle e mentre lei comincia a spingere ritrovi un tono e ti inventi novello Mourinho ai bordi del campo con incitamenti ben mirati.

Addirittura ti esibisci in un: “Dai che si vede la testa!” quando invece ancora oggi non riesci a capire cosa hai visto in realtà. Poi nasce, appoggiato sulla pancia della mamma ti guarda con un occhio aperto ed uno chiuso, lo osservi e non puoi far a meno di notare un incredibile somiglianza col maestro Yoda di Guerre Stellari.

Più tardi, mentre lei si riposa, te lo porteranno in camera, balzerai in piedi, lo prenderai in braccio e ti sentirai la persona più indispensabile del mondo perchè è anche grazie a te che quel miracolo che tieni tra le mani si è avverato e lui te lo sta facendo capire stringendoti per la prima volta, sicuro e pieno di fiducia, il tuo dito nella sua minuscola manina.

Cristian