Donare o conservare il sangue del cordone ombelicale? Facciamo chiarezza

Sul tema cellule staminali del sangue del cordone ombelicale e donazione o conservazione autologa, si leggono tanti pareri discordanti. Qui vi spiega tutto l'esperta.

Per fare chiarezza abbiamo intervistato Valeriana Marchesin, Presidente ADISCO della regione Toscana,  associazione che si occupa della promozione della donazione di sangue di cordone ombelicale (SCO) in Italia.

Che cosa significa donare il sangue cordonale?

Da un punto di vista umano e sociale, significa donare speranza di cura a persone affette da patologie che possono essere curate con le cellule staminali emopoietiche (CSE) dal sangue del cordone ombelicale (SCO) o dai suoi derivati, condividendo con loro la felicità che la nascita è per i genitori, donando nuovamente la gioia di vivere a questi pazienti.

Da un punto di vista burocratico significa essere in buone condizioni di salute in modo tale da minimizzare il rischio di trasmettere malattie al ricevente.

Occorre partorire presso un centro accreditato, ossia un ospedale autorizzato al prelievo sco per fini solidaristici e firmare il consenso informato alla donazione mediante il quale la coppia donatrice dichiara la disponibilità a conservare gratuitamente il campione presso la Banca pubblica collegata al centro di prelievo. Ancora la coppia acconsente alle indagini di laboratorio e test genici previsti dalla legge per accertarne l’idoneità a scopo terapeutico o per l’utilizzo a scopo di ricerca.

Perché è importante la donazione?

Perché l’impiego di CSE da SCO consente la cura di diverse patologie emopoietiche mentre i suoi derivati curano ulteriori patologie con tempi di guarigione considerevolmente ridotti.

Come viene utilizzato il sangue del cordone ombelicale?

Il sangue cordonale con riferimento ai suoi componenti, può essere utilizzato per:

  • fini trapiantologici a pazienti affetti da patologie emopoietiche,
  • fini trasfusionali per le trasfusioni di globuli rossi ai prematuri,
  • per creare gel piastrinico per la cura di ulcere del piede diabetico, piaghe da decupido
  • per l’epidermolisi bollosa dei cosiddetti “bambini farfalla”
  • per creare colliri per la sindrome Des;

infine ai fini della ricerca scientifica la quale ad oggi dopo più di venti anni dal primo utilizzo dello SCO ha individuato nuovi trials clinici di applicazione (gel piastrinico, colliri, etc.).

Domande e risposte

Vediamo alcune delle domande più comuni che vengono poste su questo argomento in modo da fugare i dubbi principali.

Una mamma e un papà che desiderano fare la donazione, cosa devono fare?

Devono recarsi presso un centro accreditato per effettuare l’anamnesi familiare che consiste nella somministrazione di un questionario a ciascun genitore per verificare lo stato di salute presente, passato e genetico di entrambi, che può essere trasmesso al nascituro.

L’anamnesi familiare verrà effettuata da un medico individuato direttamente dall’ospedale. Inoltre, i futuri genitori dovranno firmare il Consenso Informato alla donazione.

sangue del cordone ombelicale

E’ sempre possibile donarlo?

La donazione del sangue del cordone ombelicale non è sempre possibile, vi sono cause di esclusione che si possono individuare direttamente grazie all’anamnesi familiari cui sopra, oppure se si presentino cause di esclusione alla donazione (es. patologie genetiche, gestazione inferiore a 34 settimane, rottura delle membrane superiore alle 12 ore; febbre della madre superiore a 38° al momento del parto; stress fetale etc.).

Infine, ma aspetto prioritario, se l’ospedale non è accreditato non si può donare il sangue del cordone ombelicale poiché la legge italiana autorizza il prelievo allogenico soltanto presso strutture accreditate ove il personale medico viene formato a tale scopo. Inoltre, la donazione non può effettuarsi se all’anamnesi familiare si presenta solo un genitore.

Se un bambino di una coppia che ha scelto la donazione delle CSE del cordone, si ammala di una patologia che necessiterebbe di cellule staminali, cosa succede in questi casi?

Se il bambino che si ammala dovesse essere lo stesso bambino dal quale sono state prelevate le cellule staminali emopoietiche del cordone e se le stesse sono risultate idonee al bancaggio e non già impiegate per altri pazienti, occorre considerare innanzitutto che potrebbero non essere utilizzate perché equivarrebbe ad un trapianto autologo di CSE, il quale potrebbe comportare o una mancata guarigione o una ricaduta della malattia perché le CSE provengono dallo stesso individuo.

Se invece fossero necessarie per un fratello o sorella del nascituro, e le stesse fossero sempre crioconservate e disponibili presso la Banca del sangue del cordone ombelicale pubblica, allora verrebbero sicuramente utilizzate.

Anche la banca pubblica permette la donazione dedicata. Quando è possibile?

Sì. E’ possibile effettuare la donazione dedicata soltanto per un fratello o una sorella del nascituro che presentano patologie per cui è comprovato l’utilizzo delle CSE da SCO.

Molte mamme scrivono in rete chiedendo se ha un senso la conservazione privata di CSE dello SCO in banche estere. Ci può dare il parere della scienza a riguardo?

Come affermato nel documento del Ministero della Salute – “Uso appropriato delle Cellule staminali del sangue del cordone ombelicale” occorre distinguere da ciò che le evidenze scientifiche affermano rispetto alle due tipologie di trapianto di Cellule staminali emopoietiche da sangue del cordone ombelicale che si possono effettuare, ossia tra il trapianto allogenico e quello autologo (privato in banche estere), ovvero:

Il trapianto allogenico

L’impiego del trapianto allogenico è appropriato in tutti quei casi in cui vi è la necessità di sostituire un  midollo “malato” con uno sano prelevato da un donatore (donatore familiare e non familiare). L’effetto combinato del trattamento chemio –radioterapico e dell’infusione di cellule staminali emopoietiche allogeniche comporta:

  1.  eradicazione della malattia;
  2. creazione dello spazio necessario per l’impianto delle cellule staminali allogeniche (attecchimento);
  3. distruzione del sistema immunitario del paziente per la prevenzione di un rigetto;
  4. ricostituzione dell’ambiente midollare da parte delle cellule infuse dopo un periodo di aplasia (periodo durante il quale il paziente è a rischio di infezioni e di emorragie a causa della mancanza di globuli bianchi e piastrine, che insieme ai globuli rossi sono stati distrutti dalla chemio-radioterapia);
  5. eliminazione delle cellule malate rimaste dopo il trattamento chemio e/o radioterapico, grazie alla capacità di particolari tipi di globuli bianchi del donatore di riconoscere come estranee e distruggere le cellule malate residue, in tal modo effettuando una vera e propria “terapia cellulare” (Graft versus Leucemia” –GVL-, ovvero “reazione del trapianto verso la leucemia”).

Il trapianto autologo

Gli effetti sopra elencati e soprattutto l’ultimo effetto non possono essere ottenuti se le cellule emopoietiche provengono dal paziente stesso (trapianto autologo), dal momento che viene completamente a mancare la possibilità di una “terapia cellulare”.

Le cellule generate dalle staminali del paziente infatti molto spesso possono non essere in grado di riconoscere come estranee le cellule malate, dato che esse provengono comunque dallo stesso organismo.

Un altro problema deriva dal fatto che le cellule staminali infuse del paziente potrebbero contenere cellule malate residue, in grado di determinare una ricomparsa della malattia.

Questi concetti, che sono alla base della scienza trapiantologica, sono applicabili anche ai trapianti di cellule staminali emopoietiche da sangue cordonale. La mancanza di un razionale scientifico della conservazione ad uso autologo scaturisce proprio da queste evidenze scientificamente comprovate.

Pertanto, se la conservazione del sangue cordonale può avere un razionale nel caso in cui vi sia un familiare (generalmente un fratello o una sorella) affetto da una patologia curabile con un trapianto allogenico, non esistono evidenze scientifiche che giustificano una conservazione puramente autologa, dedicata allo stesso neonato.

L’attività di conservazione autologa del sangue cordonale non è autorizzata in Italia, ma viene svolta da banche private istituite presso altri Paesi europei e extraeuropei, presso le quali è possibile esportare e conservare il sangue cordonale ad uso “personale”.

Ai fini della esportazione per uso autologo, è consentito il prelievo del sangue cordonale nei punti nascita pubblici e privati.

La legislazione italiana prevede che il Servizio Sanitario Nazionale assicuri, attraverso risorse finanziare pubbliche, la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini e le pari opportunità di accesso alle prestazioni assistenziali.

Tutte queste attività sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale e non comportano alcuna spesa da parte del cittadino, dal momento che si configurano come livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè prestazioni e servizi che sono erogati a carico del servizio pubblico in quanto sostenute dall’evidenza scientifica di un significativo beneficio in termini di salute a livello individuale e/o collettivo e risultano appropriate sotto il profilo clinico rispetto alle specifiche esigenze.

In un contesto in cui è sempre più elevato il livello di attenzione alla erogazione, nell’ambito del SSN, di prestazioni e servizi appropriati, da alcuni anni ha preso campo e viene pubblicizzata l’attività di conservazione autologa del sangue cordonale, indipendentemente dall’esistenza di condizioni patologiche in atto o potenziali, ma come “assicurazione biologica” per il neonato. Tale attività ed i presupposti che la muovono non solo non rispondono ai principi di efficacia e di appropriatezza come sopra definiti, ma aprono importanti problemi etici.

Sempre più mamme tendono a chiedere il taglio ritardato del cordone ombelicale fino ai casi più estremi come  il Lotus Birth. Tutte situazioni che impediscono la donazione SCO. Qual è la vostra posizione a riguardo.

Sul Lotus Birth noi condividiamo la posizione ufficiale della SIN (Società Italiana di Neonatologia) e la nota degli istituti del CNS/CNT rispettivamente Centro Nazionale Sangue e Trapianti. Vedere documenti in allegato.

Qual è il ruolo di Adisco e come opera in Italia?

L’ADISCO dal 1995, anno della sua costituzione, si occupa della promozione della donazione di sangue di cordone ombelicale (SCO) in Italia.

La nascita dell’Associazione si deve alla iniziativa di eminenti ematologi italiani in un momento in cui si stava sviluppando la ricerca sulle cellule staminali.

Nel 1988, fu eseguito il primo trapianto di sangue del cordone ombelicale (E. Gluckman). Negli anni ’90 la donazione del cordone ombelicale era solo sperimentale e mirata.

La proposta di raccolta e conservazione veniva fatta cioè alle donne che avevano già un bambino malato e stavano per partorire un altro figlio. Ma la ricerca stava intanto progredendo, mettendo in risalto la necessità di una raccolta più capillare e sistematica, presupposto per creare strutture sul territorio nazionale che potessero a loro volta garantire il processo di raccolta e conservazione del sangue cordonale per il suo impiego terapeutico in campo ematologico.

In seguito all’esigenza di una maggiore e sistematica raccolta del sangue cordonale, svolta secondo requisiti di qualità e sicurezza uniformi su tutto il territorio, si manifestò la necessità che questa specifica attività clinica fosse supportata da una rete nazionale di strutture specializzate e qualificate per questa attività (Banche di sangue cordonale) e che questa rete fosse in relazione con analoghe strutture già esistenti nel mondo.

Nascevano così le prime Banche di Sangue di Cordone Ombelicale (Milano Cord Blood Bank nel 1993).

L’Associazione si è quindi costituita, sotto l’incoraggiamento del Prof. Mandelli e del Prof. Sirchia, per affiancare e sostenere i Centri ematologici nell’avvio della loro attività trapiantologica delle cellule staminali cordonali.

Sin dal principio, ADISCO ha collaborato, e tutt’oggi coopera, con le Istituzioni al fine di sostenere le attività di donazione, raccolta e conservazione.

L’Associazione, in questi venti anni di vita ha cercato di diffondersi in tutte le Regioni per promuovere la cultura del dono del sangue cordonale in termini di gesto collettivo, raggiungendo ad oggi il 62 per cento di presenza, attraverso le Sezioni Regionali e Territoriali, sul territorio nazionale.

ADISCO promuove e sostiene l’attivazione di specifiche campagne di promozione e informazione della donazione del sangue del cordone ombelicale atte a potenziare e incrementare le unità di sangue cordonale crioconservate per uso allogenico/dedicato, per le quali fino ad ora le risorse economiche destinate sono state scarse.

Di fatto, è importante sapere che se anche l’unità donata non fosse idonea per il trapianto, il sangue cordonale potrà essere utilizzato per studi clinici finalizzati allo sviluppo di altre finalità terapeutiche. I protocolli di ricerca sono oggetto di ulteriore richiesta di consenso e vengono illustrati al momento dell’adesione al dono.

A livello nazionale Adisco svolge molteplici attività per la diffusione della cultura della donazione SCO tra cui:

  • Advocacy presso istituzioni ed organismi di governo sul tema della raccolta e conservazione solidaristica di sangue cordonale;
  • Realizzazione di corsi di aggiornamento per ostetriche;
  • Donazioni di strumentazioni alle Banche di cordone ombelicale;
  • Sostenimento dei costi per il trasporto del sangue cordonale;
  • Realizzazione Convegni a carattere scientifico;
  • Attività di counseling rivolta ai genitori che contattano le nostre strutture;
  • Manifestazioni a carattere territoriale e nazionale;
  • Divulgazione della donazione mediante Radio, TV, giornali e dvd multilingue;
  • Incontri scientifici presso Istituti Scolastici;
  • Crowdfunding in partnership ad imprese nazionali e territoriali

Oltre alle attività cui sopra, l’Adisco promuove iniziative atte a potenziare lo sviluppo della donazione di Sangue del Cordone Ombelicale collaborando con gli organi legislativi e di governo, statali e regionali, e degli altri enti locali per la formulazione di piani e programmi di studio e per la promozione di provvedimenti , anche normativi, atti a tutelare le donatrici ed i neonati.

Inoltre, sostiene le attività delle banche del sangue del cordone ombelicale e dei centri di ricerca ad essi collegati con l’acquisto di materiale, attrezzature e con l’erogazione di borse di studio e/o compensi a personale dedicato stimolare e favorire la ricerca nel settore delle cellule staminali emopoietiche.

L’Associazione si avvale di ogni strumento utile al raggiungimento degli scopi sociali ed in particolare della collaborazione con gli Enti locali, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni, della partecipazione ad altre associazioni, società o Enti aventi scopi analoghi o connessi ai propri. L’Associazione è aperta a chiunque condivida principi di solidarietà.

Riferimenti utili