Come sarà mio figlio? Dal bambino immaginario al bambino reale

Nel corso della gravidanza, sia la futura mamma che il futuro papà cominciano a immaginare il bambino sia fisicamente che caratterialmente e si creano delle piccole aspettative, come la speranza che sia maschio o femmina oppure che abbia gli occhi della mamma, il carattere del papà, la dolcezza dei nonni e tanto altro.

Sin dall’inizio della gravidanza, mentre il corpo comincia le sue trasformazioni, nella mente della donna prende forma il pensiero di diventare madre e di come potrà, dovrà e riuscirà a essere nei confronti del suo bambino. Allo stesso tempo, la donna inizia anche a immaginare come sarà suo figlio, come si comporterà e a chi somiglierà.

Il processo immaginativo ha veramente inizio dopo il primo trimestre, quando si hanno più certezze riguardo all’andamento della gravidanza, in quanto i primi mesi solitamente vengono dedicati alla presa di coscienza del cambiamento in atto nel proprio corpo e nella vita della coppia, e naturalmente al benessere del feto.

Immaginare un figlio durante la gravidanza

Nel corso della gravidanza, sia la futura mamma che il futuro papà cominciano a immaginare il bambino sia fisicamente che caratterialmente e si creano delle piccole aspettative, come la speranza che sia maschio o femmina oppure che abbia gli occhi della mamma, il carattere del papà, la dolcezza dei nonni e tanto altro.

I genitori iniziano così a costruirsi le prime fantasie sul bambino, che sono basate sia sull’esperienza personale e familiare, sia sul condizionamento sociale e culturale.

Tutti i pensieri che cominciano a prendere forma, sia nella mente sia della donna che dell’uomo, sono del tutto normali e comprensibili e fanno parte del processo di accoglimento del bambino in arrivo e della costruzione dell’identità genitoriale, e rispecchiano l’amore che è già nato verso il piccolo ancora in grembo. Il bambino immaginario prende sempre più forma, anche grazie alle ecografie che vengono eseguite, a partire dal primo ascolto del cuore che batte e che scatena emozioni diverse ogni volta che lo si ascolta.

Nel secondo trimestre (dal quarto all’ottavo mese), solitamente le future mamme danno libero sfogo alle loro fantasie, cominciando anche a parlare con il proprio bambino, comportamento oltretutto assai opportuno per cominciare a creare con lui un filo diretto. Anche se in modo diverso, una cosa simile accade anche per i futuri papà. Anche loro infatti iniziano a instaurare un legame con il piccolo e a crearsi nella mente un’immagine di bambino immaginario, legato anche ai racconti e alle emozioni che la compagna sente portando il bambino in grembo. Ritagliarsi ogni giorno un po’ di tempo per cominciare un “dialogo” a tre è una buona abitudine per quando il bambino farà realmente parte della triade familiare.

Come sarà mio figlio?

Come sarà mio figlio? Le fantasie delle mamme

Ci sono tante tipologie di bambini immaginari nati nei pensieri delle future mamme. Per fare qualche breve esempio:

  • alcune sognano un bambino che le appaghi con un amore incondizionato;
  • altre vedono nel nuovo arrivato un sostituto di qualche figura significativa venuta a mancare;
  • altre ancora fantasticano pensando che la nascita del bambino renderà indissolubile il matrimonio;
  • le madri depresse invece potrebbero vedere il figlio come un modo per sentirsi coinvolte nella vita.

Il “pericolo” del bimbo perfetto

Spesso capita che questa attività immaginativa venga anche rafforzata dall’immagine del bambino perfetto che i media identificano come bambini paffuti e bellissimi, precoci nel camminare, nel fare le prime lallazioni e super intelligenti. Tali fantasie, se non contenute, possono creare problemi al bambino reale, in quanto non in grado di sostenere il ruolo troppo pesante che gli è stato attribuito.

Pertanto, se la formazione di fantasie riguardo al futuro del proprio figlio sé indispensabile per portare a compimento la fase preparatoria dello sviluppo dell’identità materna, è altrettanto fondamentale che i genitori non perdano di vista la capacità di riconoscere e valorizzare le reali potenzialità e inclinazioni del bimbo e che non rimangano preda del mito della perfezione, perché il confronto con la realtà potrebbe creare grosse delusioni.

Ecco perché di norma, tra l’ottavo e il nono mese, la futura mamma smette di fantasticare sul bambino e comincia a demolirne l’immagine, fino a che pian piano svanisce. Ciò accade naturalmente per l’istinto di protezione che la madre ha verso il proprio figlio, consapevole del fatto che il bambino immaginario e il bambino reale a breve si incontreranno e che non può esistere troppa differenza tra i due.

Il senso di protezione verso il bambino reale le permetterà di creare un primo legame con lui, non più fatto di aspettative rispetto al suo temperamento e al suo aspetto fisico. Si tratterà infatti di un vero rapporto di conoscenza tra madre e bambino, tra padre e bambino e tra madre-padre-bambino. Tuttavia, il bambino immaginario non scomparirà mai del tutto.

Il bambino reale va rispettato per quello che è

Per citare Winnicott [pediatra e psicanalista britannico N.d.R.]:

“la madre guarda il bambino che ha in braccio, il bambino guarda la madre in volto e vi si ritrova a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà se stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo”.

Da queste parole si riesce bene a comprendere che ogni bambino nel momento in cui nasce ha bisogno di essere guardato, capito e rispettato per quello che è e non per le aspettative che ci si è creati su di lui. Se la madre sarà all’altezza di fare questo, il bambino sicuramente potrà crescere avendo al suo fianco una madre in grado di rispecchiarlo e che lo aiuterà nel processo di valorizzazione della sua autostima in un clima affettivo e comprensivo per i bisogni di cui necessiterà.

In un contesto di serenità, il bambino si sentirà accolto e potrà esprimere liberamente le proprie emozioni, sentirsi libero di essere triste, gioioso o bisognoso di aiuto senza temere di rendere insicura la madre e di essere per questo amato o odiato.

Sarà comunque il parto, indipendentemente dalla sua durata, uno degli ultimi passaggi finali che preparerà la donna alla condizione di madre, nel quale compirà un scatto in avanti verso la formazione dell’identità materna. L’effetto psicologico più intenso del parto naturale è la sensazione di aver raggiunto un risultato che va a fondersi con le varie sensazioni provate, come euforia, sollievo, sfinimento, svuotamento, ovviamente mescolati in maniera molto soggettiva.

Nel frattempo ci sarà anche il primo vagito del bambino, che permetterà alla madre di confrontarsi con un bambino reale, con nuovi ruoli e funzioni da attribuire agli altri ma soprattutto a se stessa e alla sua nuova famiglia, cercando di seguire l’istinto materno e di lasciarsi guidare dal proprio figlio e dalle proprie esigenze familiari.