Endometriosi, terapie farmacologiche e PMA: la situazione nel 2018

Si è svolto a settembre 2018 a Padova  WE ART MERCK evento ideato da Merck azienda leader in ambito scientifico e tecnologico e che ha visto la partecipazione di esperti della Procreazione Medicalmente Assistita per illustrare  alle nuove generazioni di clinici e biologi uno stato dell’arte della PMA, nell’ottica di un continuo progresso scientifico.

Il primo tema affrontato è stato quello dell’endometriosi, l’infertilità di coppia e la personalizzazione della terapia.

L’endometriosi è causa di infertilità nel 15-20% dei casi e circa la metà delle pazienti con endometriosi è infertile.

L’endometriosi  è una malattia spesso dolorosa in cui il tessuto che normalmente avvolge l’interno dell’ utero, l’endometrio, cresce al di fuori dell’utero. L’endometriosi di solito coinvolge le ovaie, le tube di Falloppio e il tessuto che riveste il bacino. Raramente, il tessuto endometriale può diffondersi in gli organi pelvici.

In chi soffre di endometriosi, il tessuto endometriale al di fuori dell’utero si comporta coem fosse in utero,  nel senso che  si ispessisce, si sfalda  e sanguina ad ogni ciclo mestruale.   Quando l’endometriosi coinvolge le ovaie, possono formarsi cisti chiamate endometriomi. I tessuti circostanti possono diventare irritati, eventualmente sviluppare tessuto cicatriziale e aderenze: si tratta di fasce di tessuto fibroso che possono causare l’adesione reciproca di tessuti e organi pelvici.

L’endometriosi può causare dolore – a volte molto forte – specialmente durante  le mestruazioni. Possono anche svilupparsi problemi di fertilità. Fortunatamente, sono disponibili trattamenti efficaci.

terapie endometriosi

Terapie per l’endometriosi

Secondo il Prof.Edgardo Somigliana – Docente all’Università degli Studi di Milano e Responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano  “Oggi è possibile convivere con l’endometriosi  tenendo sotto controllo i sintomi e mantenendo una buona qualità di vita. Il primo importante passo è che le pazienti accettino la malattia e che comprendano che può essere ben curata anche se una cura immediata e definitiva non esiste.  Negli ultimi anni l’approccio terapeutico alla malattia è totalmente cambiato rispetto al passato in cui prevaleva quello chirurgico: ove possibile, attraverso una terapia farmacologica (pillola o progestinici) si cerca ora di creare un ambiente ormonale stabile che di fatto consente di avere ottimi risultati nella maggior parte delle pazienti. Il dolore che spesso affligge le donne affette si manifesta, infatti, per lo più come conseguenza delle fisiologiche fluttuazioni ormonali. Abolendole, si va ad interrompere il circolo vizioso che causa il dolore.  Se poi la paziente desidera un bambino, può sospendere le cure e cercare di concepire naturalmente; una gravidanza generalmente impatta positivamente anche sull’endometriosi poiché produce gli stessi benefici di stabilizzazione che si ottengono con la pillola o i progestinici mantenendo, quindi, costanti le fluttuazioni ormonali tipiche della malattia. Dopo la gravidanza, come dopo la sospensione di qualunque terapia ormonale, le fluttuazioni ormonali ricominciano e la sintomatologia si ripresenta – conclude il Prof. Somigliana –  per cui è buona norma non “dimenticarsi” della malattia e riprendere la terapia ormonale assunta in precedenza”.

L’aiuto nell’endometriosi dalla PMA

Presente al’evento anche il dott. Filippo Ubaldi, Direttore del Centro di PMA GENERA e vicepresidente SIFES (Società Italiana di Fertilità e Sterilità).

Secondo il dott. Ubaldi un aiuto alle donne con endometrisoi arriva dalle tecniche di fecondazioen assistita:   “il percorso terapeutico dipende da diversi fattori quali l’età della donna, la riserva ovarica, da quanto tempo cerca la gravidanza e se ha o meno dolore. In presenza di dolore, infatti, l’eventuale sintomo infertilità deve passare in secondo piano e il medico deve prima pensare a curare il sintomo dolore. Di fondamentale importanza è l’età: in una donna di 39-40 anni con endometriosi che cerca un figlio da più di un anno, sottoporre la paziente a fecondazione in-vitro può rappresentare un valido approccio terapeutico. Viceversa, in una donna con più tempo riproduttivo a disposizione, per esempio a 30 anni, con una buona riserva ovarica e senza altri fattori d’infertilità di coppia che cerca un figlio da più di un anno, si dovrebbe cercare di curare l’endometriosi medicalmente e/o chirurgicamente per poi lasciarla provare a concepire spontaneamente per almeno 6-12 mesi.  Nel caso, invece, di quelle donne più giovani, con età inferiore a 35-36 anni, che devono sottoporsi alla rimozione chirurgica di voluminose cisti endometriosiche (endometriomi) soprattutto se bilateralmente – conclude il Dottor Ubaldi – è molto consigliata la crioconservazione degli ovociti perché un intervento chirurgico bilaterale alle ovaie comporta un rischio di menopausa precoce pari al 2,6% e in ogni caso determina una riduzione significativa della riserva ovarica”.

Fonte:

Comunicato Stampa Merck, leader mondiale nei trattamenti per l’infertilità.