Ringiovanimento ovarico tramite staminali: le ultime novità

Durante il 34º Congresso della Società Europea di Riproduzione Umana e di Embriologia (ESHRE) si è parlato anche di ringiovanimento ovarico e delle utlime (bellissime) novità tra cui la nascita di tre bambini grazie a questa tecnica.

In che cosa consiste il ringiovanimento ovarico?

Si tratta di una tecnica che ha come fine il ringiovanimento del tessuto ovarico attraverso il trapianto di cellule staminali del midollo osseo nell’arteria ovarica.

Lo studio è stato diretto dal copresidente di IVI, il Prof. Antonio Pellicer,  dalle dottoresse Sonia Herraiz, IVI, e Monica Romeu, ospedale La Fe di Valencia, con la collaborazione della Dott.ssa Nuria Pellicerr che ha presentato i risultati durante il congresso.

La seconda fase dello studio relativo al ringiovanimento ovarico è stata recentemente accettata dalla rivista “Fertility & Sterility” e sarà pubblicata a breve.

La tecnica del ringiovanimento ovarico è stata messa a punto per aiutare le donne, con bassa risposta e con insufficienza ovarica precoce, che non riescono a concepire a causa di problemi alle ovaie.

Attualmente – dichiara la Dott.ssa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di RomaIVI annovera già tre bambini nati grazie alla tecnica, della quale è pioniere mondiale, del ringiovanimento ovarico attraverso il trapianto di cellule staminali del midollo osseo (BMDSC, Bone Marrow-Derived Stem Cells) nella arteria ovarica.

risultati ringiovanimento ovarico

Le tre fasi dello studio

La prima fase dello studio ha visto l’impiego di modelli animali: sono stati impiantati tessuti umani nei topi per verificare l’efficacia del trattamento con cellule staminali.

La seconda fase ha visto l’impiego del trattamento su 20 pazienti con bassa risposta ovarica. Sono state estratte dael sangue periferico le cellule staminali e reintrodotte nell’ovaia per invertire il processo di invecchiamento e attivare, così, i follicoli dormienti.

Nella seconda fase” ha spiegato surante il congresso la  Dottoressa Pellicer,  “abbiamo visto che la tecnica aiutava a migliorare la risposta ovarica e aumentava la produzione di ovociti, ma essendo le pazienti con bassa risposta ovarica di età materna avanzata, una percentuale elevata degli embrioni era aneuploide, ossia, soffriva di alterazioni cromosomiche. Inoltre, nelle pazienti con bassa risposta abbiamo riscontrato molta variabilità e, a volte, la variabilità poteva mascherare i risultati. In seguito abbiamo scoperto che le pazienti in menopausa o in pre-menopausa, ossia, con insufficienza ovarica precoce, potevano rispondere meglio al trattamento e abbiamo deciso di progettare una nuova fase dello studio”.

Per la terza fase attualmente si stanno reclutando donne di età inferiore ai 38 anni esclusivamente con insufficienza ovarica precoce. Quest’ultima fase a sua volta prevede due approcci.

  1. in un gruppo  le cellule staminali saranno attivate, verranno estratte e saranno nuovamente introdotte nell’ovaia.
  2. In un altro gruppo si percorrerà una strada meno invasiva, attivando ugualmente le cellule per poi farle circolare intorno all’area interessata con l’obiettivo di invertire il processo di invecchiamento e favorire l’attivazione dei follicoli dormienti.

“Con questo ultimo approccio spiega il  Professor Antonio Pellicer, direttore dello studio “speriamo di verificare se, per il solo fatto di aumentare il numero di cellule staminali e farle circolare nel sistema sanguigno, queste sono in grado di raggiungere l’ovaio e di agire su di esso. La nostra idea, quando avremo una risposta chiara delle cellule, è di sviluppare una tecnica il meno invasiva possibile e standardizzarla, per poterla applicare in qualsiasi clinica”.

Una alternativa attuale a questa tecnica diringiovanimento ovarico, anch’essa in fase sperimentale, è la della frammentazione del tessuto ovarico (OFFA, Ovarian Fragmentation for Follicular Activation).