Tienimi tra le braccia: il tocco che nutre, cuore e cervello

Il più grande stimolo allo sviluppo del neonato è essere tenuto tra le braccia con amore, più efficace perfino dell’essere allattati al seno. Nelle braccia di mamma e papà dove c’è calore e si è al sicuro oppure nell'abbraccio di un adulto che del bambino si prende cura, i muscoli si rilassano e il respiro si fa più profondo.

Dall’ anatomia del cervello…

A partire dagli studi degli anni ’50 sull’attaccamento e l’amore materno condotti sui macachi di Harlow fino alle numerose ricerche svolte negli ultimi decenni dalle neuroscienze sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva, si afferma con forza quanto il primo anno di vita sia fondamentale per la formazione del cervello sociale del bambino.

Questo sviluppo cerebrale influenza infatti fortemente e pesantemente l’equilibrio emotivo del piccolo e del suo essere adulto in futuro in quanto le sue capacità sociali in età adulta dipendono dalle esperienze vissute nel primo periodo di vita.

Nel suo libro “Perché si devono amare i bambini”, la psicologa inglese Sue Gerhardt fornisce una teoria molto interessante partendo dall’anatomia del cervello per poi arrivare al cuore. Ho trovato illuminante questo testo che evidenzia come la corteccia orbito frontale è probabilmente la parte del cervello più responsabile di quella che Daniel Goleman definisce nei suoi libri “intelligenza emotiva”.

Secondo la tesi di Gerhardt, la corteccia possiede i livelli più alti di oppioidi dell’intera corteccia cerebrale ed è profondamente coinvolta nel compensare con gratificazioni positive esperienze di vario genere. Questa corteccia si sviluppa quasi completamente dopo la nascita del bambino e incomincia a maturare quando il bambino apprende a camminare, quindi all’incirca a dodici/quattordici mesi.
E fin qui potrebbe sembrare tutto dipendente da aspetti fisiologici. In realtà non è del tutto così!

Lo sviluppo della corteccia orbitofrontale, cioè la regione della corteccia prefrontale che è coinvolta nell’elaborazione del processo decisionale e di iniziativa, non avviene automaticamente. Il suo sviluppo dipende dalle relazioni che il bambino ha con le persone che si relazionano ed interagiscono con lui.

Da questa riflessione traspare quanto l’esito della crescita cerebrale dipenda dalla quantità di buone esperienze che il bambino vive, in modo particolare tra i sei e i dodici/diciotto mesi quando nella corteccia prefrontale vi è un’esplosione di connessioni tra le sinapsi. In questa fase esse raggiungono la densità più alta proprio quando si intensifica e si consolida la relazione tra genitori e bambino.

E’ quindi difficile immaginare che un bambino cresciuto in completo isolamento possa risultare un adulto empatico e sociale!

…ai bambini emotivamente intelligenti

Il primo anno di vita è dedicato alla costruzione dei muscoli mentali: il cervello del lattante pian piano inizia a classificare le esperienze prendendo nota dei vari aspetti e degli eventi che si ripetono con regolarità. In questo primo periodo, il cervello del bambino cresce molto rapidamente, arrivando a pesare più del doppio rispetto alla nascita!

Lo sviluppo cerebrale del bambino che lo porta ad essere “emotivamente competente non è quindi legato solo ad aspetti di genetica, ma dipende in larga parte da quanto di buono e di costruttivo egli vive in termini di esperienze e relazioni con l’altro.

Per dirla in parole semplici, accade che una parte del nostro cervello si rende conto se vale o meno la pena di svilupparsi e crescere. E sceglie in autonomia.

Diventano quindi fondamentali tutte le esperienze in cui il bambino entra in relazione con il care giver ossia l’adulto di riferimento dedicato alla sua cura e successivamente con tutte quelle persone che entreranno in relazione con lui in questa prima delicatissima fase della sua vita.

Approfondiamo insieme di seguito, alcune tra le principali esperienze di cura e di relazione che possiamo vivere con il nostro bambino nel primo anno di vita.

Tienimi tra e tue braccia

Il più grande stimolo allo sviluppo è essere tenuto tra le braccia con amore, più efficace perfino dell’essere allattati al seno. Nelle braccia di mamma e papà dove c’è calore e si è al sicuro oppure nell’abbraccio di un adulto che del bambino si prende cura, i muscoli si rilassano e il respiro si fa più profondo.

Del resto la vita stessa inizia in un contesto di contenimento e di dolce dondolio, fin dal  grembo materno.

L’importanza per esempio, di rispondere al pianto di un bambino prendendolo e tenendolo in braccio e cullandolo fin dai primi segnali che egli ci comunica,  fornisce al bambino sicurezza perché comprende che l’adulto è disponibile a rispondere ai suoi bisogni.

Questo nel tempo gli permetterà di fidarsi e affidarsi a chi si prende cura di lui.

Si può tenere tra le braccia come si può “con-tenere” il bambino in una fascia.

L’esperienza di tenere in fascia il proprio piccolo e “portarlo” con sé nel mondo, è un’ esperienza che dona a mamma (ma non solo, anche al papà) ed al bambino grande rilassamento:  il piccolo “legato” ed avvolto al corpo della mamma torna a rivivere l’esperienza in utero, modulando le sue reazioni e adattandosi all’ambiente extrauterino.

Per l’adulto tenere il bambino in fascia diventa nel tempo un’esperienza rilassante ed emotivamente coinvolgente, trasmettendo tranquillità e vicinanza al bambino.

E’ un circolo virtuoso che permette a genitori e bambino di godere reciprocamente della presenza e del caldo contatto dell’altro, ottenendo un duplice risultato: i primi hanno le mani libere e un bambino quieto, il secondo memorizza un’esperienza molto piacevole e utile al suo sviluppo, non solo fisico, ma anche cerebrale.

Dedichiamoci un massaggio al giorno

Un altro modo per agevolare lo sviluppo cerebrale è massaggiare il bambino.

Si pensa ancora troppo spesso che il massaggio sia semplicemente una coccola, in realtà il massaggio, soprattutto nei primi mesi di vita del bambino, è una tecnica estremamente importante ed uno strumento di relazione molto efficace.

In un momento della vita del bambino in cui la relazione non passa attraverso le parole ma soprattutto nel contatto che nutre, il linguaggio del corpo diventa di centrale importanza. 

Ci sviluppiamo per gradi e ancora una volta la natura ci fornisce una spiegazione rispetto a questo: per il primo anno e mezzo di vita comunichiamo principalmente attraverso il linguaggio del corpo, un linguaggio che è unico per ogni triade mamma-papà-bambino.

Nel primo periodo di vita, le parole arrivano e sono comprese molto più là nel tempo, quasi non fossero realmente necessarie, almeno per il bambino.

Il tocco del massaggio quindi, nella sua sequenza ripetuta, nel suo essere un tocco profondo e regolare, apporta grandi benefici, principalmente nella stimolazione del sistema nervoso e sollievo in caso di disorganizzazione dello stesso.

Il massaggio riduce gli ormoni dello stress, anche nella mamma, e attraverso questo tocco che è a tutti gli effetti nutrimento, si trasmette al bambino sicurezza e accettazione, fondamentali perché il bambino cresca sicuro.

Riprendendo quindi la tesi iniziale dalla quale è partita la nostra riflessione, ossia che la crescita cerebrale dipende dalla quantità di buone esperienze che il bambino ha, si deduce che il massaggio non è solo una coccola ma un prezioso strumento per lo sviluppo delle parti del cervello adibite alla competenza emotiva e alla capacità di adattamento del bambino.

L’esperienza del massaggio, acquisita fin dai primi mesi nella relazione mamma-bambino, può diventare poi un bellissimo rito da riproporre anche quando il bambino cresce: molti bambini in età prescolare ricercano il massaggio ad esempio quando si trovano ad affrontare momenti di sviluppo, di cambiamento o di incertezza; come se quel tocco più profondo donasse loro nuovamente sicurezza e certezza. Un punto fermo in un mondo che si muove spesso troppo velocemente per lui.

Perchè l’amore conta

Torniamo al libro scritto da Gerhart: è interessante tradurre letteralmente il suo titolo “Why love matters” in “Perché l’amore conta”, per capire in profondità quello che l’autrice vuole spiegare e che diventa importante e centrale per i genitori.

Per capire alcune dinamiche del primo periodo di vita del bambino è necessario chiederci «cosa conta?».

Conta l’amore: nelle sue sfumature di contatto, di dialogo attraverso il tocco, di contenimento. Conta l’amore per la crescita del cervello del bambino che nel primo anno di vita sviluppa i muscoli cerebrali costruendo le basi per il suo domani.

Conta l’amore nel tipo di cura che riceviamo nel primo periodo perché esso influisce sui “percorsi neuronali” e di conseguenza sullo sviluppo emotivo del bambino.

L’amore è fondamentale per sviluppare in futuro l’aspetto umano dell’essere adulto e creare relazioni sane sotto ogni punto di vista.

Lo sappiamo benissimo, prendersi cura di un neonato è un’esperienza ricca di sfaccettature, un viaggio tanto coinvolgente e ricco di emozioni quanto impegnativo, anche perché sono ancora piuttosto vivi oggi retaggi del passato e pregiudizi che mettono in dubbio i genitori sul fatto che quello del contatto sia un bisogno reale del bambino e non un vizio.

Ancora troppo spesso, il neo genitore ad alto contatto si trova immerso in una quotidianità scandita da consigli non richiesti e giudizi che minano la serenità e l’equilibrio della triade.

Le evidenze scientifiche oggi più che mai supportano e sottolineano l’esigenza e l’importanza di uno stile genitoriale che risponda con amore  – cura – contatto ai bisogni del bambino.

Un contatto che è nutrimento per il cervello e per il cuore, un contatto che è investimento per un futuro di adulti che si distinguono per la loro intelligenza emotiva.

Ilaria Magrinelli
Educatrice Perinatale

BIBLIOGRAFIA

Harry F. Harlow, Psicologia come scienza del comportamento, Milano, Edizioni Scientifiche e Tecniche Mondadori, 1973

Sue Gerhardt, Perché si devono amare i bambini, Raffaello Cortina, 2018

Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. Che cos’è, perché può renderci felici, Rizzoli Editore, 1996