Baby blues post parto: cos’è, quanto dura e quando preoccuparsi

Con le espressioni baby blues o maternity blues si indica una forma di tristezza lieve e temporanea, che colpisce la mamma dopo il parto. In alcune regioni italiane, è indicato con il nome di “pianto del latte”, poiché un tempo veniva associato alla comparsa del latte materno.

Si tratta di una condizione molto comune: ne soffre infatti dal 35% all’85% delle donne.

A differenza della depressione post parto, tuttavia, il baby blues dura solo qualche settimana (2-3 al massimo) e non causa problemi rilevanti né per la mamma né per il neonato.

Baby blues: i sintomi

Solitamente, il baby blues post parto è accompagnato dai seguenti sintomi:

  • tristezza o malinconia
  • irritabilità, inquietudine o ansia
  • facile tendenza al pianto
  • disturbi del sonno
  • stanchezza
  • scarso appetito

Queste manifestazioni tendono a comparire tre o quattro giorni dopo la nascita del bambino e si risolvono generalmente nell’arco di 2 o 3 settimane.

È importante sottolineare che, a differenza di quanto accade per la depressione post-parto, le mamme colpite da baby blues non perdono la capacità di accudire il proprio bambino o di provare sentimenti di gioia nei suoi confronti.

Baby blues: le cause

Questo disturbo può essere causato da vari fattori, ma sicuramente gli ormoni post parto giocano un ruolo decisivo. Dopo la nascita del bambino, infatti, la donna subisce un brusco calo di estrogeni e progesterone.

A questo può aggiungersi lo stress fisico e mentale associato al travaglio e al parto, oltre all’ansia di affrontare la nuova condizione di madre.

Secondo alcuni studi, inoltre, il fenomeno del baby blues può essere legato alla maggiore medicalizzazione del parto, che interferisce con il rilascio di ormoni naturali come le endorfine e la prolattina, riducendone l’effetto antidepressivo.

Baby blues: come uscirne?

Trattandosi di un disturbo di breve durata, non è previsto alcun intervento medico o psichiatrico.

È però davvero molto importante creare un ambiente accogliente, che offra alla neomamma il giusto supporto emotivo e che le permetta di dedicarsi serenamente a suo figlio.

In tutto questo, il ruolo del partner è essenziale per infondere tranquillità e sicurezza alla compagna in difficoltà, dimostrandole tutto il suo affetto e facendola sentire meno sola. 

Inoltre, è fondamentale che il neopapà partecipi all’accudimento del bambino e cerchi di trasmettergli quella serenità che in alcuni momenti la mamma fatica ad avere.

Un aiuto in più può venire anche dal sostegno dei famigliari e degli affetti in generale. L’importante è che queste figure non siano fonte di ulteriore stress, con consigli non richiesti e comportamenti invadenti, che potrebbero interferire con la creazione di un nuovo equilibrio famigliare dopo la nascita del bambino.

Infine, è importante ricordare che l’allattamento al seno (che stimola il rilascio dell’ormone prolattina) può essere un potente antidepressivo per la neomamma, sostenendola in questa delicata fase di adattamento.

Baby blues: quando preoccuparsi?

Nella maggioranza dei casi, il baby blues si risolve spontaneamente. Tuttavia, le donne che ne soffrono corrono un rischio 3-4 volte più elevato di sviluppare una depressione post parto.

Per questo, se i sintomi dovessero durare per più di un mese, è sempre consigliabile chiedere aiuto al medico di fiducia o a psicoterapeuti specializzati, per valutare l’eventualità di una depressione e iniziare tempestivamente il trattamento più adatto.

Al contrario, fingere che vada tutto bene o isolarsi sono comportamenti che possono ulteriormente aggravare il malessere psicologico della neomamma, rischiando di compromettere la relazione di attaccamento con il bambino.

In conclusione

Il baby blues è un disagio passeggero che può comparire poco dopo il parto e che tende a risolversi spontaneamente nell’arco di poche settimane.

Quando si manifesta, è importante non vergognarsi e chiedere invece aiuto al partner e agli affetti più cari.

Se i sintomi durano per più di un mese, è fondamentale non isolarsi o negare il problema ma rivolgersi subito a una figura competente, per evitare conseguenze negative sul proprio benessere e su quello del bambino.

Prima si interviene, più facile è uscirne.