La notizia è recentissima: un gruppo di ricercatori statunitensi è riuscito a trasformare delle cellule della pelle in ovuli umani, che sono stati fecondati per ottenere degli embrioni in fase iniziale.
L’esperimento, pubblicato su Nature Communications, potrebbe essere il punto di partenza per lo sviluppo di nuove tecniche di procreazione medicalmente assistita, come alternativa all’ovodonazione. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare.
Cosa hanno fatto i ricercatori
Semplificando al massimo la procedura, possiamo descrivere l’esperimento in questo modo:
- sono stati prelevati degli ovuli da una donatrice;
- dagli ovuli ottenuti è stato rimosso il nucleo (la parte della cellula che contiene i cromosomi e quindi il DNA);
- dalla stessa donatrice sono state prelevate delle cellule della pelle;
- anche a queste cellule è stato rimosso il nucleo;
- quest’ultimo è stato trasferito negli ovuli “svuotati”;
- a questo punto, gli ovuli sono stati indotti a “scartare” la metà dei cromosomi contenuti del nucleo. Questo passaggio è fondamentale perché, a differenza dei tutte le altre cellule dell’organismo, ovuli e spermatozoi contengono solo 23 cromosomi invece di 46.
- Gli ovuli modificati sono stati fecondati per creare degli embrioni.
I risultati dello studio
Attraverso questa procedura, i ricercatori sono riusciti a ottenere 82 ovuli funzionali.
Solo il 9%, tuttavia, una volta fecondati, è riuscito a raggiungere lo stadio di blastocisti, che rappresenta la fase di sviluppo dell’embrione in cui normalmente si effettua il trasferimento in utero.
Cosa significa questa scoperta
Lo studio statunitense potrebbe offrire una possibilità in più a tutte le donne che per diverse ragioni (trattamenti oncologici, menopausa precoce, ridotta riserva ovarica, età) non possono contare sui propri ovuli per diventare madri.
La creazione di ovuli in vitro potrebbe infatti rappresentare un’alternativa alla fecondazione eterologa con ovodonazione, permettendo anche a queste donne di avere figli con il proprio corredo genetico.
Limiti e incognite dello studio
Come affermato chiaramente gli autori stessi, questo studio è un proof of concept (ossia una dimostrazione di fattibilità) e non una tecnica pronta per l’uso clinico. Si stima che servirà almeno un decennio prima che trovi una reale applicazione in medicina.
L’efficienza della procedura, infatti, è ancora molto bassa: solo pochi ovuli modificati sono arrivati a dare embrioni stabili.
Le anomalie cromosomiche, inoltre, sono frequenti: non tutti i cromosomi vengono divisi bene, lo “scarto” è casuale e spesso porta alla perdita di parti importanti del DNA. Inoltre, non è ancora chiaro se l’eliminazione di metà cromosomi possa introdurre errori, mutazioni o altri danni al materiale genetico.
Infine, questa ricerca solleva importanti questioni etiche, legali e di sicurezza, come i diritti dell’embrione, l’uso commerciale di queste tecnologie e i possibili rischi di malformazioni o tumori, per citarne solo alcune.
In conclusione
Questo studio ha sicuramente raggiunto un traguardo ambizioso, che potrebbe cambiare il panorama della medicina riproduttiva. Tuttavia, bisognerà attendere diversi anni perché i risultati ottenuti si traducano in nuove tecniche applicabili clinicamente. Nel frattempo, le tecniche “tradizionali” restano le opzioni più sicure e affidabili per le coppie che cercano una gravidanza.
Fonti
- Marti Gutierrez, N., Mikhalchenko, A., Shishimorova, M. et al. Induction of experimental cell division to generate cells with reduced chromosome ploidy. Nat Commun 16, 8340 (2025). https://doi.org/10.1038/s41467-025-63454-7
- Robinson E, OHSU researchers develop functional eggs from human skin cells, 2025, News.ohsu.edu