Con la campanella dell’ultimo giorno di scuola, l’agenda di molti genitori (soprattutto mamme) si riempie di nuove sfide e carichi mentali. E mentre i social ci mostrano famiglie rilassate in riva al mare, la realtà di molti è fatta di incastri lavorativi, figli da “sistemare”, compiti da fare e tempo libero da riempire.
Secondo un’indagine Ipsos, il 60% dei genitori tra i 35 e i 49 anni con figli in età scolare segnala alti livelli di stress soprattutto nei mesi in cui la scuola si ferma. La routine fatta di orari e attività viene meno e il carico mentale aumenta. Perché, diciamolo, finisce la scuola… ma il lavoro (e la fatica) no.
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Rallentare non è un fallimento
“Il vero problema non è la mancanza di tempo, ma il bisogno continuo di sentirsi all’altezza sempre pronti, sempre performanti” spiega la Dott.ssa Alessandra Bitelli, pedagogista, coach e autrice del libro “Il primo romanzo utile del coaching”. Nel suo approccio emerge con chiarezza un messaggio: imparare a rallentare non è un fallimento, ma un atto di coraggio.
“Quando non abbiamo più scuse – prosegue la Dott.ssa Bitelli – non possiamo che fare i conti con quello che ci portiamo dentro come aspettative, sensi di colpa, paure che ci fanno sentire sempre in difetto. ll vero coraggio non è saper fare tutto. È saper stare anche quando non c’è nulla da fare. Perché è lì che ricominciamo a sentirci, non solo a funzionare”.
Il tempo libero non è un vuoto da riempire
“Abbiamo interiorizzato l’idea che ogni minuto vada impiegato in modo produttivo” – continua la Dott.ssa – “E così, quando finalmente possiamo fermarci, ci sentiamo inadeguati. È proprio quando il tempo si svuota che emergono pensieri profondi, tra cui il timore di non essere all’altezza, il bisogno di approvazione e la difficoltà a lasciarsi andare. Riconoscerlo è il primo passo per vivere una stagione in cui non tutto deve avere uno scopo. Accorgersene fa paura, ma è l’unico modo per ritrovare una direzione autentica”.
Il vero antidoto allo stress, quindi, è non programmare ogni secondo. Riconoscere che la noia è fertile, che il disordine è vita e che il silenzio è un’opportunità.
“I genitori sentono di dover riempire ogni spazio vuoto, di offrire esperienze, compagnia, stimoli. Ma il tempo condiviso ha valore anche quando è semplice e non performante. L’ansia nasce quando ci dimentichiamo che la noia può essere fertile. Fate annoiare i vostri bambini perché è nello stare fermi, annoiati magari, che si diventa creativi e produttivi”.
Come affrontare la fine della scuola: i consigli della pedagogista
3 cose da fare
- Concediti pause vere
Anche un’ora sul divano senza sentirsi “in colpa” è una forma di recupero emotivo. Vale più di mille giri al parco. - Coinvolgi senza dirigere
Invece di proporre attività preconfezionate, chiedi: “Che cosa ti andrebbe di fare oggi?” Può aprire spazi di autonomia e ascolto reciproco. - Accetta il disordine
L’estate non ha bisogno di essere perfetta. Ha bisogno di essere reale. Se la casa è un po’ più disordinata, ma l’umore è più leggero, è un buon inizio.
3 cose da non fare
- Non trasformare l’estate in un’agenda alternativa
Riempire ogni giornata con laboratori, centri estivi, uscite, compiti e attività “utili” rischia di riprodurre lo stesso meccanismo della performance scolastica. - Non compensare con il senso di colpa
Avere figli a casa non significa doverli intrattenere h24. Non sei un palinsesto televisivo, sei una persona. E loro non devono essere sempre occupati. - Non credere che il silenzio sia un errore
Se c’è un momento di noia, di pausa, di vuoto: non scappare. Il disagio iniziale può essere la soglia di qualcosa di nuovo, anche per i bambini.
In definitiva, la fine della scuola può essere un’opportunità per sentire cosa ti serve davvero. Meno performance, più condivisione. Meno controllo, più ascolto. E soprattutto: meno senso di colpa, più libertà.