Perchè congelare gli ovociti come prevenzione della propria fertilità?

Se avessi 20, 25 o 30 anni, congeleresti i tuoi ovociti? E' un'ipotesi che valuteresti? Per quanto mi riguarda visto tutto ciò che ho letto in questi anni, se avessi un'età idonea (inferiore ai 34 anni) probabilmente un pensierino lo farei.

Certo, non  è una scelta semplice,  servono non solo soldi ma anche la volontà di sottoporsi a un trattamento che non è banale: stimolazione ovarica e prelievo ovocitario, in sedazione. Senza dimenticare poi la crioconservazione degli  ovociti che va pagata annualmente fino a quando lo lo si ritiene più opportuno.

Perché siamo arrivati al punto di sentire il bisogno di criopreservare i nostri ovociti?

Viviamo in una società che sta progressivamente invecchiando. Si fanno sempre meno figli e sempre più avanti negli anni.

I motivi sono diversi:

  • L’organizzazione della società attuale, dal punto di vista sociale e lavorativo, è tale per cui alla donna risulta davvero complicato riuscire ad avere un figlio nell’età in cui è  più fertile (18-25 anni) .
  • sono aumentate le donne con un grado di istruzione superiore
  • sono aumentate le possibilità lavorative per le donne che hanno maggiori possibilità di carriera.
  • è aumentato l’utilizzo dei metodi contraccettivi come la pillola
  • si ricerca della stabilità economica prima di avere un figlio
  • all’aumento di separazioni, segue la formazione di nuovi nuclei in età più avanzata: ricerca di un figlio con il nuovo partner

Tutte queste condizioni hanno portato la ricerca della gravidanza nella fascia di età 30-35 anni e successiva. Non sta a noi dire se sia giusto o sbagliato, la realtà dei fatti è questa e i dati sulle nascite in Italia lo confermano: figli sempre meno e sempre più tardi.

Pochi però sono consapevoli del fatto che con l’aumentare dell’età della donna diminuisce la qualità  degli ovociti e il loro numero.

Per diminuzione di qualità si intende che questi ovociti invecchiati possono essere portatori di anomalie cromosomiche, e dare origine quindi a embrioni con anomalie cromosomiche. Ovociti invecchiati inoltre sono meno competenti, cioè hanno una meno possibilità di essere fertilizzati e di svilupparsi in un embrione.

La possibilità di accedere alle tecniche di PMA inoltre fa pensare che si possa ottenere una gravidanza a qualsiasi età, ma non è così. La PMA non fa miracoli quando il problema è l’età della donna, (a meno che non si scelga di ricorrere all’eterologa, ma questa è una strada ancora più complicata per svariati motivi).

Esistono donne a rischio per le quali sarebbe fondamentale poter preservare la fertilità?

Sono tutte quelle donne che potrebbero andare incontro a un precoce esaurimento della propria riserva ovarica :

  • donne con familiarità per menopausa precoce
  • donne che soffrono di endometriosi o che hanno familiarità di endometriosi
  • grandi fumatrici
  • donne che soffrono di malattia infiammatoria pelvica (PID)

Quali altri motivazioni possono indurre a preservare la propria fertilità per il futuro?

Esistono motivazioni economiche e sociali.

La mancanza di un partner, di un lavoro, di stabilità economica  sono tutti motivi, validi, per rimandare una gravidanza; ma l’orologio biologico della donna non si può fermare.

Se le condizioni per avere un figlio arrivano tardi, a 40 anni o più,  gli ovociti di quella donna potrebbero non essere più in grado di essere fertilizzati o permetterle di portare avanti la gravidanza e avere un bambino in braccio.

In quel caso come diventare madre? Adozioni, affido o eterologa (donazione di ovociti) se la riserva ovarica è così bassa da non permettere di avere chance di successo con un trattamento  di fecondazione assistita omologa (con i propri ovociti).

Non tutte le donne e le coppie però riescono ad accettare queste forme di genitorialità.

Ha un senso quindi pensare in anticipo al proprio futuro riproduttivo? Sì se la società non agisce in modo tale da favorire gravidanza in tempi biologicamente più adatti.

Congelare gli ovociti in caso di tumore

Attualmente alle donne che subiscono una diagnosi di tumore viene data la possibilità di congelare i propri ovociti.

Una percentuale considerevole di donne e uomini  va incontro a un tumore le cui cure possono minare definitivamente la fertilità.

Secondo i dati AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ed AIRTUM (Associazione Italiana dei Registri Tumori),  nel 2018 in Italia sono stati diagnosticati poco più di 373.000 nuovi casi di tumore maligno di cui circa 194.000 negli uomini e 178.000 nelle donne. Complessivamente in Italia ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi di tumore maligno infiltrante. 

Grazie ai progressi della medicina, fortunatamente sempre più persone riescono a guarire dal cancro  e quindi avere la possibilità di continuare la propria vita normalmente e, se in età fertile, di avere dei figli.

I trattamenti chemioterapici però possono minare, in alcuni casi in modo permanente la fertilità di un uomo e di una donna.

  • Il 10% delle donne con età inferiore ai 35% va in menopausa dopo la chemio per curare un tumore.
  • Il 50%delle donne con età compresa tra i 35-40 anni va in menopausa dopo la chemioterapia
  • L’85% delle donne tra i 40-45 anni va in menopausa dopo la chemioterapia.

Anche se  cicli mestruali dovessero riprendere non è detto che la donna sia tornata fertile.

Quando a un paziente viene diagnosticato un tumore dovrebbe essere proposta la crioconservazione degli ovociti e degli spermatozoi. In modo che la donna e l’uomo, una volta guariti, abbiamo la possibilità di utilizzare i loro gameti se la loro fertilità risultasse danneggiata permanentemente dalle terapie.

La crioconservazione degli ovociti non è più considerata una  tecnica sperimentale dall’ormai lontano 2012.

Congelare gli ovociti in anticipo  previene in molti casi l’eterologa

Ha senso congelare gli ovociti in modo consapevole, per preservare la propria fertilità?

La crioconservazione preventiva degli ovociti, fatta a tappeto sul tutte e donne, avrebbe diversi vantaggi.

  • se una coppia decide di avere un figlio dopo una malattia che ha richiesto la chemioterapia, può utilizzare ovociti e spermatozoi crioconservati preventivamente senza dover ricorrere all’eterologa
  • se una coppia decide di avere un figlio dopo i 40 anni, i propri  ovociti crioconservati in giovane età aumentano drasticamente la chance di gravidanza
  • gli ovociti crioconservati che una donna decide di non utilizzare più, perché magari ha già avuto i suoi figli, potrebbero, dietro consenso della donatrice ovviamente, essere donati a chi non può avere figli, superando il problema della penuria di ovociti che attualmente vengono acquistati dai centri di PMA a caro prezzo dai paesi esteri (Spagna in primis)

Implicazioni etiche

Sicuramente è  un tema che va approfondito sotto tutti i punti di vista.

Meglio congelare gli ovociti per cercare lavoro e stabilità economica o e meglio che la donna abbia la possibilità di avere una gravidanza in giovane età?

È giusto rimandare un  gravidanza dopo i 40 anni? O verso i 50? Non ci sono rischi maggiori per la donna e per il bambino ?Che impatto sociale avrà questo continuo  rimandare  la genitorialità?

È giusto rimandare la gravidanza perché il datore di lavoro impone contratti che obbligano la donna a rimandare il proprio desiderio di maternità?

Ha senso che la medicina intervenga per rimediare a problemi (invecchiamento ovarico legato all’età) causati da fatto sociali (impossibilità di avere le condizioni economiche-sociali adeguate per avere una famiglia??)

Che fare di tutti quegli ovociti che poi non verranno mai utilizzati? La donazione può davvero essere una soluzione? Non tutte le donne se la sentono di donare i propri ovociti a una coppia di estranei. Se da un lato si regala a una  coppia la possibilità di  avere un bambino, dall’altra non si può nascondere il fatto che la donatrice avrà uno o più  figli  biologicamente propri  al mondo e che probabilmente non conoscerà mai

Perché è importante parlarne

Sono consapevole che in questo articolo ci sono più domande che risposte, ma trovo giusto che si cominci a  parlare sempre più di preservazione preventiva della fertilità o social freezing che sia, in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi.

Proprio in questi giorni, ad agosto 2019 è stato pubblicato uno  studio pilota condotto tra 930 studentesse dell’università di Padova, recentemente pubblicato su Life Sciences, Society and Policy.

I risultati sono molto interessanti. Si nota un dato su tutti: il 42% delle ragazze intervistate dell’ateneo patavino  non hanno mai sentito parlare di criopreservazione dei gameti femminili. Si tratta di ragazze che hanno un’età in cui invece dovrebbero già cominciare a pensare al loro futuro riproduttivo. Già a questa età tramite una  semplice ecografia può essere evidenziato un precoce esaurimento della riserva ovarica nelle donne predisposte. Queste donne se cercano un figlio tra i 30-35 anni potrebbero non avere più chance di avere un figlio geneticamente proprio.

Il 73% delle intervistate inoltre, pensa che non avrà mai una gravidanza dopo i 40 anni, mentre sappiamo bene che le percentuali di gravidanze in questa fascia di età siano in costante aumento.

Libere quindi di fare le proprie scelte ma in modo consapevole.  E la consapevolezza si raggiunge informandosi correttamente.

Chi dovrebbe pagare il social freezing?

Considerando i costi della PMA, ci sono alcuni studi interessanti che hanno calcolato i costi dei trattamenti per avere un bimbo in braccio dopo i 42 o i 45 anni. Si tratta di numeri a 5 zeri.

Visti questi numeri, dato che in regime di SSN in alcuni regioni trattamenti di PMA sono offerti fino ai 50 anni, e  considerando i costi dell’eterologa per riuscire a recuperare ovociti all’estero, probabilmente lo Stato dovrebbe fare attente valutazioni socio-economiche in tema fertilità e sua prevenzione.  Altro che fertility day…

Per questo  articolo sono state utilizzate come fonti alcune le slide della presentazione  del Prof. Tomei (direttore del centro PMA di Pordenone) durante il Master 2018-2019 in tecniche di riproduzione medicalmente assistita e scienze della riproduzione umana dell’Università di Padova.