Giornata mondiale della Sindrome feto-alcolica: per ricordare di dire NO all’alcol in gravidanza

Il 9 settembre ricorre la Giornata mondiale della Sindrome feto-alcolica e i disturbi correlati, una gruppo di patologie correlate all'assunzione di alcol in gravidanza e in allattamento.

Posso bere un bicchiere di vino o di birra in gravidanza? Si tratta di una domanda molto comune, che suscita numerosissime discussioni e altrettanti scontri. C’è chi infatti difende a spada tratta la libertà di poter bere un bicchiere di vino ogni tanto anche in gravidanza, e chi invece, giustamente, ricorda il divieto completo, supportato da evidenze scientifiche.

Non ci sono dubbi infatti sul tema alcol in gravidanza. È un binomio che non può esistere. In gravidanza non si possono bere alcolici, nemmeno un bicchiere ogni tanto.

Ad oggi, infatti, non è stata stabilita una dose sicura di alcol per il feto, come ricorda la Società Italiana di Neonatologia, sottolineando come un eccessivo consumo di alcol possa causare gravi problemi a mamma e bambino, come aborto spontaneo, morte intrauterina, parto pretermine, basso peso alla nascita e SIDS.

In particolare, l’eccesso di alcol può compromettere lo sviluppo del feto, sia a carico di alcuni organi che a livello cognitivo, causando una serie di disturbi noti come spettro dei disordini feto-alcolici (FASD), di cui la forma più grave è la cosiddetta sindrome feto-alcolica (FAS)che rappresenta la prima causa di ritardo mentale nei bambini dei paesi ad alto tenore economico.

La Giornata mondiale della Sindrome feto-alcolica

Il 9 settembre ricorre la Giornata mondiale della Sindrome feto-alcolica e dei disturbi correlati, e in questa occasione particolare la Società Italiana di Neonatologia, vuole richiamare l’attenzione sulle disabilità e i problemi derivanti dall’uso di bevande alcoliche durante la gravidanza, per contrastare il problema e contribuire alla diffusione di una corretta informazione.

Un grave problema

Bere alcol in gravidanza significa minare la salute a breve e a lungo termine del proprio bambino. Troppo spesso viene sottovalutata la pericolosità di questa abitudine, un po’ perché si tramandano di generazione in generazione false conoscenze (“Che vuoi che sia per un bicchiere di vino” oppure il famoso “La birra fa latte”) e un po’ per la troppa accondiscendenza culturale verso atteggiamenti sbagliati.

I numeri parlano chiaro, anzi chiarissimo: in Unione Europea, il numero di bambini affetti da FASD è il più alto al mondo: 2 volte e mezzo la media globale.

Nonostante gli sforzi per sensibilizzare le donne, in molti Paesi, esiste ancora un 10% di future mamme che non riesce a rinunciare a bevande alcoliche in gravidanza.

Piccole dosi, grandi effetti

Il concetto più difficile da far passare è che anche piccolissime dosi di alcol possono avere gravi effetti sul feto.

Ancora troppe donne sono convinte che un consumo moderato di vino, birra, o anche superalcolici non comporti alcun danno. Purtroppo non è così.

Non esiste una quantità sicura, il consumo di alcol in gravidanza è sempre nocivo a prescindere dalla quantità assunta e dalle volte in cui viene consumato.

Anche se assunto in piccole quantità, infatti, l’alcol è una sostanza teratogena, che se assunta durante la gravidanza o l’allattamento può causare gravi problemi al nascituro, anche a lungo termine.

 Cosa comporta la Sindrome feto-alcolica (FAS)?

La Sindrome feto-alcolica si manifesta con una grande eterogeneità di anomalie fisiche e neuro-comportamentali, di gravità molto variabile e relative sequele, che possono colpire il nascituro esposto all’alcol durante la gravidanza e l’allattamento.

Una delle prime conseguenze è diagnosticatile già durante la gestazione. Si tratta di una condizione malformativa complessa,  caratterizzata da specifiche malformazioni facciali (rime palpebrali brevi, labbro superiore sottile, filtro naso-labiale piatto e allungato), microcefalia, deficit di crescita staturo-ponderale e ritardo neuro-psicomotorio.

Le conseguenze in ambito cognitivo-comportamentale dei bambini con FAS possono includere:

  • deficit di funzionalità esecutiva e motoria, sia fine che grossolana,
  • deficit di elaborazione/integrazione delle informazioni,
  • discrepanze tra abilità verbali e non verbali,
  • disturbi di apprendimento e dell’attenzione e iperattività.

Tutte queste problematiche, se non vengono individuate tempestivamente, possono causare ulteriori problemi secondari, che tendono a manifestarsi soprattutto in adolescenza come:

  • scarso rendimento scolastico o lavorativo,
  • mancanza di vita autonoma e difficoltà socio-relazionali.

Il progetto sulla prevenzione

Da anni, la Società di Neonatologia, insieme al Ministero della Salute e all’istituto Superiore di Sanità, porta avanti delle campagne di comunicazione e prevenzione per aumentare la consapevolezza delle donne sui rischi dell’assunzione di alcol prima del concepimento, in gravidanza e in allattamento.

Attiva in questo ambito è anche l’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (A.I.D.E.F.A.D. – APS), nata per fornire informazioni sulle disabilità e i problemi derivanti dall’uso di bevande alcoliche durante la gravidanza, sostenere la ricerca e dare supporto a chi è affetto da questa condizione e non è diagnosticato.

In conclusione

L’astensione completa degli alcolici è l’unica via di prevenzione della FASD, ma per fare ciò serve una informazione capillare, a partire dalle scuole, dove purtroppo è diffuso l’uso di alcolici tra ragazzi e ragazzi adolescenti, ignari dei danni che queste sostanze possono causare a lungo termine.

Serve informazione anche in fase preconcezionale. Si è visto da recenti studi che l’alcol agisce anche sul DNA degli spermatozoi, con importanti implicazioni negative sulla fertilità.

L’unica indicazione corretta da fornire sarebbe infatti la totale astensione da alcol già da quando si comincia a pensare di voler concepire un figlio, una consapevolezza purtroppo non ancora abbastanza diffusa.

Per i bambini esposti all’alcol durante la gravidanza, fondamentale è invece la diagnosi precoce, per garantire una presa in carico che preveda cure mediche e psichiatriche/psicologiche, logopedia, terapia fisica, educazione speciale ed altri servizi essenziali.

Fonte: COMUNICATO  STAMPA SIN Società Italiana di Neonatologia