Aborto spontaneo o naturale: cos’è, cause, sintomi e trattamenti

Perché si verifica l'aborto spontaneo, come riconoscerlo, cosa fare e come prevenirlo.

In Italia l’aborto spontaneo o aborto naturale è definito come l’interruzione spontanea di una gravidanza entro i primi 180 giorni di gravidanza (25 settimane + 5 giorni). Dopo quest’epoca si parla invece di morte endouterina.

Purtroppo, si tratta di un evento più frequente di quanto si possa immaginare: si stima infatti che interessi il 30% delle gravidanze, anche se nella maggior parte dei casi tende a verificarsi durante il primo trimestre.

Questa percentuale, che può sembrare molto alta, si è resa evidente anche in seguito alla diffusione dei test di gravidanza precoci. Un tempo, infatti, molti aborti naturali avvenivano prima che le donne effettuassero il test e venivano scambiati per semplici ritardi del ciclo.

Tipi di aborto spontaneo

L’aborto spontaneo può manifestarsi sotto diverse forme, che possono essere associate a differenti sintomi e trattamenti a seconda della situazione clinica.

In particolare, possiamo distinguere tra:

  • aborto spontaneo completo, quando il prodotto del concepimento viene espulso completamente attraverso il canale vaginale;
  • aborto spontaneo incompleto, quando parte del materiale ovulare resta all’interno dell’utero;
  • aborto spontaneo ritenuto, interno o mancato, quando il frutto del concepimento resta totalmente all’interno della cavità uterina.

Si parla inoltre di gravidanza anembrionica o uovo chiaro quando la gravidanza si interrompe nelle primissime settimane e l’embrione viene riassorbito. Un’ecografia eseguita dalla 7° settimana di gravidanza in poi mostrerà quindi la presenza di una camera gestazionale vuota.

Sintomi di aborto spontaneo: come riconoscerli

Non sempre l’aborto spontaneo mostra sintomi e segni evidenti.

Quando si verifica dopo 2-3 settimane dal concepimento (in questi casi di parla di gravidanza biochimica), l’aborto può facilmente essere interpretato come una mestruazione arrivata in ritardo e più abbondante del solito (e non essere riconosciuto se non si era fatto un test di gravidanza).

Se avviene nelle settimane successive, l’aborto spontaneo si potrebbe manifestare con uno o più dei seguenti segni e sintomi:

  • sanguinamento vaginale con o senza crampi addominali. In questo caso, non è possibile stabilire solo in base all’entità delle perdite di sangue (scarse o abbondanti) se la gravidanza si è interrotta o se invece si tratta solo di una minaccia di aborto. Per questa ragione, soprattutto se si nota la presenza di coaguli, è sempre consigliabile contattare il ginecologo o recarsi immediatamente al pronto soccorso ostetrico più vicino per valutare la situazione. Solo un’ecografia, infatti, è in grado di stabilire se la gravidanza procede bene;
  • contrazioni uterine;
  • dolore addominale o nella parte bassa della schiena.

In altri casi, tuttavia, come nel caso di un aborto interno l’embrione può smettere di svilupparsi e il battito può cessare senza sintomi percepibili dalla donna. Quando questo succede, ci si accorge che la gravidanza non sta procedendo solo durante l’ecografia.

Cause di aborto spontaneo

La causa più frequente di aborto spontaneo è la presenza di anomalie cromosomiche dell’embrione o del feto non compatibili con la vita.

Una percentuale minore è provocata da malformazioni uterine congenite (ad es. utero setto) o acquisite (ad es. fibromi uterini che sporgono nella cavità uterina) o da problemi di incontinenza cervicale (ossia una dilatazione del collo dell’utero che conduce all’espulsione del feto, anche in assenza di contrazioni).

Altre cause possono essere:

  • problemi della fase luteinica correlati a una scarsa produzione di progesterone;
  • disturbi della coagulazione;
  • esposizione a sostanze tossiche ambientali (ad es. piombo, mercurio, benzolo);
  • problemi ormonali, come diabete non controllato o ipotiroidismo/ipertiroidismo scompensato;
  • disturbi immunologici;
  • malattie infettive (ad es. toxoplasmosi o infezione da citomegalovirus);
  • forte abitudine al fumo;
  • abuso di alcol o sostanze stupefacenti;
  • infezioni vaginali non curate (raramente).

Il rischio di aborto è uguale per tutte?

Alcune donne hanno un maggior rischio di incorrere in un aborto spontaneo. Esistono infatti dei fattori che possono aumentare la probabilità che la gravidanza si interrompa spontaneamente. Tra questi troviamo:

Età

Il rischio di aborto spontaneo è più elevato per le donne tra i 35 anni e i 40 anni e aumenta ulteriormente dopo i 40. Con l’avanzare dell’età, infatti, cresce il rischio di anomalie cromosomiche fetali.

Aborti spontanei precedenti

Chi ha già subito uno o più aborti naturali ha un maggior rischio che questo evento si ripeta.

Tuttavia, la letteratura scientifica ci dice che solo l’1% delle coppie in età fertile sperimenta un secondo aborto consecutivo entro la 20° settimana di gravidanza.

Nella maggioranza dei casi, quindi, l’aborto spontaneo è un evento occasionale che non si ripete.

Come viene fatta la diagnosi di aborto spontaneo

Per confermare la diagnosi di aborto spontaneo è necessario effettuare una visita ginecologica per controllare la cervice e un’ecografia. In particolare, quest’ultima è lo strumento migliore per controllare l’assenza di battito del feto e, se l’espulsione è già avvenuta, per verificare che non siano presenti residui di tessuto che potrebbero causare infezioni all’interno dell’utero.

Il ginecologo potrebbe inoltre richiedere un dosaggio delle beta hCG, che verrà ripetuto nel tempo per monitorarne l’andamento.

Cosa succede dopo un aborto spontaneo?

In caso di aborto, il trattamento sarà diverso a seconda della singola situazione.

Se l’aborto è completo, non sarà necessario effettuare alcun trattamento.

Se invece l’aborto è incompleto o interno, il ginecologo può decidere di:

  • tenere la donna sotto osservazione in attesa che il prodotto del concepimento venga espulso spontaneamente
  • somministrare dei farmaci che stimolino l’espulsione (ad es. misoprostolo)
  • asportare chirurgicamente il contenuto dell’utero (tramite dilatazione e raschiamento o evacuazione chirurgica)

Quali accertamenti fare dopo un aborto spontaneo

Il desiderio più grande dopo aver subito un aborto è quello di riprovare subito ad avere un altro bambino. Per chi ha superato i 35 anni, il consiglio è di insistere nel farsi prescrivere esami specifici già dopo il primo aborto, sia per non perdere tempo prezioso, sia per non peggiorare la situazione. Spesso gli esami corretti e le cure idonee fanno sì che non si abbiano altri traumi inutili e soprattutto evitabili.

Dopo un secondo aborto è possibile richiedere una mappa cromosomica, per evidenziare la presenza o meno di eventuali anomalie genetiche.

Inoltre, alla donna possono essere prescritte anche analisi del sangue per la ricerca di particolari anticorpi (antinucleo, anticardiolipina, LES, ecc.) per evidenziare la presenza di eventuali patologie di tipo autoimmune o trombofilico che potrebbero essere causa di aborto. In questi casi, in base ai risultati degli esami, il ginecologo può prescrivere dei farmaci specifici per favorire una successiva gravidanza.

Cosa fare per prevenire un altro aborto

Come abbiamo già detto, nella maggior parte dei casi l’aborto è un evento occasionale dovuto alla presenza di difetti cromosomici, pertanto non esiste un modo di prevederlo o prevenirlo.

In alcune situazioni, tuttavia, è necessario indagare le possibili cause, per poter intraprendere i trattamenti adeguati.

In caso di malformazioni uterine, ad esempio, si può intervenire per via chirurgica.

Per chi soffre di insufficienza della fase luteinica, si può ricorrere a una terapia a base di progesterone nei primi mesi di gravidanza.

Le donne che invece hanno la tendenza a una eccessiva coagulazione del sangue, possono essere trattate con alcuni farmaci specifici.

Più in generale, la raccomandazione è quella di assumere un integratore a base di acido folico già a partire da due mesi prima della gravidanza, per tutelare la salute del vostro bambino.

Infine, il consiglio è quello di non attendere più di due aborti ripetuti per  valutare insieme al ginecologo la strategia migliore da seguire e gli eventuali esami da fare. E poi parlatene, sfogatevi, piangete se tutto ciò vi aiuta a stare meglio. Sensi di colpa, fallimento, rabbia e depressione sono sentimenti comuni a chi ha vissuto questa esperienza. La perdita di un bambino è un trauma che va affrontato e metabolizzato. Datevi del tempo e, se necessario, chiedete aiuto a uno psicologo o a uno psicoterapeuta.

Fonti

  • Morgera R., Aborto, Aogoi.it [Ultimo accesso: marzo 2024]