I trattamenti di fecondazione assistita sono sicuri per il bambino?

I trattamenti di fecondazione assistita possono influire in qualche modo sulla salute dei bambini che nasceranno?

Questa è una domanda importantissima che sta iniziando ad avere alcune risposte. Perché solo adesso?

Perchè per poter dare risposte sono necessari numeri e per raccogliere dati sulla salute dei bambini a distanza di anni dalla loro nascita servono non solo tante nascite da trattamenti di PMA, ma anche un numero di anni sufficienti per avere una casistica più ampia possibile e un numero importante di controlli nel tempo ( follow-up).

Allo stato attuale secondo l’OMS, 48,5 milioni di coppie  non riescono ad avere un bambino.

Un numero altissimo probabilmente in continuo aumento visto l’alzarsi dell’età dei genitori alla prima gravidanza,  gli stili di vita non proprio  adatti a favorire la fertilità, e alcuni fattori ambientali che non favoriscono la salute riproduttiva.

Tutto ciò significa che sempre più coppie stanno ricorrendo e ricorreranno alla fecondazione assistita per poter diventare genitori e il numero di bambini nati in vitro sarà in costante aumento.

Si hanno già a disposizione dati sufficienti per cominciare a capire quali sono gli effetti a lungo termine, sulla salute del bambino, dei trattamenti a cui sono stati sottoposti i genitori per poter avere la gravidanza.

E’ stato pubblicato  a marzo 217 sull’autorevole rivista scientifica American Journal of Obstetrics & Ginecology, uno studio molto importante che è andato a valutare gli effetti a lungo termine dei trattamenti di fecondazione assistita sulla salute dei bambini.

In particolare sono andati a vedere se c’era una correlazione tra la modalità di concepimento ( in vitro, induzione dell’ovulazione o gravidanza naturale)  e l’incidenza dei tumori in età infantile.

Secondo l’American Cancer Society, le neoplasie pediatriche più comuni sono la leucemia, i tumori al  cervello e al midollo spinale, neuroblastomi, tumori di Wilms e i linfomi inclusi quelli  di Hodgkin e non-Hodgkin.

Si sono presi in considerazione bambini nati in Israele tra il 1991 e il 2013 con i follow up fino all’età di 18 anni.

In Israele, tutti gli interventi sulla  fertilità, compresa la fecondazione in vitro e l’induzione dell’ovulazione,  sono interamente coperti da assicurazione per permettere a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro possibilità economiche, di avere accesso a questi trattamenti.

Dei  242,187  neonati inclusi nello studio:

  • 237,863 (98,3%) sono stati concepiti spontaneamente;
  • 2.603 (1,1%) sono stati concepiti grazie alla fecondazione in vitro,
  • 1.721 (0,7 %) sono stati concepiti inseguito all’induzione dell’ovulazione

Durante il periodo di follow-up (circa 10,6 anni) sono state diagnosticate  1.498 neoplasie  nei bambini nati (0,6%).

Risultati dello studio

Il tasso di incidenza dei tumori è stato più alto tra bambini nati grazie alla  Fivet (1,5 bambini su 1000) e tra i bambini nati grazie all’induzione dell’ovulazione  (1.0 su  1000) rispetto ai bambini concepiti naturalmente (0.59 su 1000).

Secondo questi dati i ricercatori  hanno concluso che l’associazione tra fecondazione assistita e la comparsa di neoplasie in età pediatrica è significativa. 

Per questo motivo gli autori raccomandano controlli accurati in bambini nati da trattamenti di PMA.

Trovate tutti i riferimenti in calce. Si tratta di uno studio che si basa su numeri importanti e che quindi non va sottovalutato.

Sarà fondamentale la messa in opera di altri studi per capire e questa incidenza verrà confermata e poi risalire alle cause che portano a un aumento delle neoplasie nei bambini. Trattamenti ormonali? Farmaci usati? Predisposizione genetica?

Il tempo, forse darà le risposte che cerchiamo.

Fonte

Tamar Wainstock, Asnat Walfisch, Ilana Shoham-Vardi, Idit Segal, Avi Harlev, Ruslan Sergienko, Daniella Landau, Eyal Sheiner. Fertility treatments and pediatric neoplasms of the offspring: results of a population-based cohort with a median follow-up of 10 years. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 2017; 216 (3): 314.e1 DOI: 10.1016/j.ajog.2017.01.015